Computer, tablet, smartphone.

La maggior parte delle persone che operano all’interno di un’impresa, nei vari settori e ai diversi livelli, dispone di almeno uno di questi strumenti; in molti casi, anche più d’uno. Essi hanno ampliato e velocizzato le modalità e le procedure con le quali si realizza il lavoro ma, soprattutto, a seguito della creazione della rete, sono le porte che ci consentono un’interconnessione continua sia con l’ambiente interno all’impresa sia con quello esterno. Tale caratteristica, però, non è stata ancora pienamente compresa e praticata, in molti contesti aziendali, come una delle possibili “leve”per mantenere e/o sviluppare la propria posizione competitiva sul mercato.

La rete è infatti entrata nelle nostre vite e una delle conseguenze è che ha creato le condizioni per avviare processi di trasformazione di molti aspetti e situazioni, in un’ottica di continuo miglioramento.

In ogni analisi degna di questo nome, apparsa negli ultimi mesi, si delineano due aspetti chiave di questa trasformazione: da una parte la trasformazione della domanda, dall’altra la trasformazione del lavoro e dell’offerta di lavoro.

Con la pervasività della rete e dell’accesso in mobilità, le persone non sono più disponibili a dare spazio alle “cattive” esperienze. C’è quindi, per le aziende, un universo di servizi da migliorare, rendere più accessibili, più smart, più efficienti ed efficaci, sia da un punto di vista generale sia da quello puramente economico. Questo è ciò che sta accadendo con forza ed è la sfida con cui tutte le imprese si devono oggi confrontare.

I disruptor digitali identificano nicchie di inefficienza, ne comprendono il valore, ne riprogettano le esperienze per gli utenti (visti oggi anche come potenziali produttori) e, nella maggior parte dei mercati, arrivano a crescere così velocemente e così tanto da ridefinirne gli standard di riferimento.

Il modello di business di Uber, di Airbnb e di molti altri nuovi attori potrebbe essere un fenomeno di breve durata, ma potrebbe anche rappresentare un cambiamento significativo e diventare un trend duraturo. “Se funziona per i taxi può funzionare per ogni altro servizio”. Questo è ciò che hanno pensato coloro che hanno creato innovative start up apportando cambiamenti significativi nei rispettivi settori di riferimento.

E’ l’ennesimo tsunami creato dalla digitalizzazione delle organizzazioni e dei processi, e secondo il Gottlieb Duttweiler Institut tale modello sta per investire ogni settore.

Molte aziende guardano tali fenomeni con disgusto o indifferenza, ma non è questo un atteggiamento previdente e intelligente. Mai dimenticarsi che tutto è destinato a cambiare in un modo o nell’altro e che, quindi, è meglio non farsi trovare impreparati. Chi è attento dovrebbe chiedersi: questo nuovo  format potrebbe funzionare anche nel mio settore e soprattutto vi è qualcuno che ci ha già pensato ?

Con questo non vogliamo certo affermare che si debba per forza stravolgere la propria natura, abbandonare i modelli di successo o peggio inseguire qualunque stravagante richiamo. Vogliamo solo invitare chi ha la responsabilità di gestire un’impresa, di qualunque dimensione essa sia, a riaccendere lo spirito di curiosità sia in se stesso sia in tutti i propri collaboratori.

Come evidenzia il fisico Carlo Rovelli nel suo breve ma profondo saggio “Sette brevi lezioni di fisica”: << Noi siamo una specie curiosa, l’unica rimasta di un gruppo di specie (il genere Homo) formato da almeno una dozzina di specie curiose. Le altre specie del gruppo si sono già estinte; alcune, come i Neanderthal, poco tempo fa: neppure trentamila anni orsono !! E’ un gruppo di specie evolutesi in Africa. Centomila anni fa la nostra specie è partita dall’Africa, forse spinta proprio da questa curiosità, imparando a guardare sempre più lontano>>.

Oggi gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione e la rete aiutano chi è dotato di uno spirito curioso offrendogli un orizzonte sterminato di nuove opportunità e di terreni inesplorati. Ciò richiede, però, la presa di coscienza che macchine intelligenti hanno bisogno, anche in azienda, di persone intelligenti perché nel viaggio esplorativo ci si può anche perdere o si può non comprendere il valore del territorio che si è già raggiunto.

Più dati abbiamo, più si amplia la probabilità che ci sommergano. Diventa allora fondamentale saper separare le informazioni importanti da quelle che non lo sono e sapere combinare le informazioni rilevanti, una volta identificate. Quanto migliori sono le informazioni di cui disponiamo sul nostro problema, tanto maggiori sono le probabilità di escogitare una soluzione, in grado di creare valore per i nostri clienti e quindi per la nostra azienda.

Per raggiungere qualche risultato, credere nell’intelligenza delle persone (di tutte le persone che costituiscono l’impresa perché oggi siamo tutti interconnessi) diventa strategicamente rilevante.

Passare dalla teoria alla pratica significa quindi:

  • considerare che le economie di prodotto si stanno trasformando in economie di servizio. L’economia di servizio è basata sulla interazione/integrazione tra l’impresa e il sistema cliente. Sempre più il valore nei mercati è generato dalla capacità di “mettere in rete” tutti gli attori protagonisti (dipendenti, clienti, fornitori, partner, ecc.) e dalla qualità delle loro inter-relazioni;
  • pensare l’organizzazione non più come una sorta di enorme macchina impersonale, ma come un complesso organismo vivente guidato da un’intelligenza vivace, bisognosa di continua stimolazione. Il che vuol dire creare le condizioni che facilitino un approccio alla formazione continua delle nostre persone. D’altronde, se uno continua a fare quello che ha sempre fatto, continuerà a ottenere quello che ha sempre ottenuto. E, uno continua a fare quello che ha sempre fatto se continua a pensare come ha sempre pensato;
  • valorizzare le persone senza sé e senza ma: nell’attuale mondo complesso le persone sono tornate al centro della creazione di valore perché solo le persone riescono ad interpretare situazioni ambigue, scegliere tra alternative confuse, assumere rischi non calcolabili;
  • domandarsi costantemente quali siano le intelligenze più essenziali, a quali si debba dare la priorità, e in che modo sia possibile combinarle all’interno della propria organizzazione. La visione di Winston Churchill fu profetica: << Gli imperi del futuro saranno imperi dell’intelligenza >>;
  • creare spazi di forte condivisione sia verso l’interno dell’azienda sia verso l’esterno. A tale proposito può essere decisivo rivedere le impostazioni della rete Intranet, ove essa esista, oppure attivare la realizzazione di una apposita piattaforma social sempre più “aperta” al mercato;
  • ricordare che un’azienda non è unicamente un sistema economico-produttivo, una macchina composta da pezzi umani e tecnici intercambiabili, ma un sistema dove sono presenti emozioni, atteggiamenti, motivazioni e bisogni non unicamente economici.

Solo se riusciremo a mettere in pratica la maggior parte di questi semplici “insegnamenti”, avremo lavoratori “intelligenti” che, utilizzando macchine “intelligenti”, saranno in grado di creare valore duraturo nel tempo, bilanciando il benessere individuale con le esigenze organizzative di creare valore e profitto.