Le persone, le organizzazioni e l’attuale transizione digitale. In particolare, il valore delle persone all’interno delle organizzazioni economiche in una nuova fase di cambiamento del mondo. Questo sarà il filo conduttore che unirà questo primo articolo ad altri cinque che saranno proposti nei prossimi mesi. Un viaggio alla scoperta di cosa sta cambiando e di cosa dovrebbe cambiare all’interno delle aziende alla luce dell’attuale crisi e delle innovazioni determinate dall’evoluzione digitale. Un approfondimento per scoprire gli aspetti positivi e le aree di criticità che investono il ruolo e la formazione delle persone e che la dirigenza di ogni organizzazione deve considerare per poter affrontare l’attuale contesto competitivo.

Iniziamo il viaggio rilevando una contraddizione.

Sulle riviste, sui siti web e nei blog, nei convegni e in molteplici dichiarazioni riferiti alla attività delle imprese non si fa che parlare dell’importanza della valorizzazione delle risorse umane. Indubbiamente un buon proposito, sostenuto anche da importanti ricerche: dipendenti più coinvolti, soddisfatti e felici lavorano in modo più proficuo, portano significativi aumenti di produttività, contribuiscono creativamente allo sviluppo delle attività delle aziende. Questa non è teoria. Personalmente ho potuto verificare tali risultati nella mia attività professionale e chiunque viva in un contesto così caratterizzato può rilevarlo.

La realtà però è diversa. È sufficiente parlare con le persone oppure osservare ciò che avviene all’interno di molte aziende. Per non dimenticare alcune recenti indagini.

Cresce il rischio di ‘burn-out’, o sindrome da esaurimento lavorativo. In Francia sono oltre 3 milioni le persone sull’orlo di una crisi di nervi per troppo stress, il 12% degli occupati, secondo i dati della società di consulenza specializzata in rischi professionali Technologia.

Un report di Gallup mostra come solo il 13% dei dipendenti siano motivati e ingaggiati rispetto al loro lavoro. Un numero davvero preoccupante se consideriamo l’intera forza lavoro mondiale. Le persone non sono contente di quello che fanno e non amano il proprio lavoro, dedicando ad esso poca attenzione e investendoci veramente poco.

Se questo è il quadro

Bisogna avere il coraggio tutti insieme, imprenditori, dirigenti, consulenti, dipendenti, di affrontare di petto la situazione.

Peraltro, il tema della valorizzazione delle persone non è nuovo. E questione aperta fin dagli esordi della rivoluzione industriale con il coinvolgimento di professionisti delle scienze sociali e di quelle economiche. Non voglio qui tediarvi con un lungo elenco. Mi limito a citare Mary Parker Follet (siamo nel 1924) e Elton Mayo (siamo nel 1927). Un bel salto nel tempo!

La verità è che l’utilizzo di modelli organizzativi e di pratiche di gestione delle risorse umane che avevano come riferimento la centralità delle persone è stato il più delle volte strumentale piuttosto che il frutto di un reale convincimento.

Ora è bene renderci conto che un essere umano, solo e senza far parte di una organizzazione, può anche sopravvivere ma qualunque organizzazione, sociale, economica anche un semplice circolo della briscola, senza le persone non esisterebbe.

Perché una organizzazione è il frutto delle relazioni esistenti tra le persone che ne fanno parte e più tali relazioni sono consolidate più alte saranno le “vette” raggiunte.

Se ciò è sempre stato vero, oggi tale evidenza viene ulteriormente rafforzata.

Internet e le innovazioni tecnologiche hanno:

  • ampliato lo spazio della comunicazione e delle relazioni;
  • modificato i paradigmi sui quali si basavano le attività delle imprese e la vita delle nazioni;
  • consentito alle persone un nuovo protagonismo;
  • cambiato le modalità di diffusione e condivisione della conoscenza.

Quindi, Il tema della centralità delle persone per le imprese oggi non è semplicemente una scelta derivata da qualche teoria organizzativa o sociale. E’ una necessità per mantenersi competitivi.

E’ il momento del coraggio e non più dell’ipocrisia.